- Angela Marino

- 7 giorni fa
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A diciotto anni dal delitto di Garlasco, il DNA riapre domande che pensavamo chiuse per sempre. E ci obbliga a guardare in faccia l’idea più scomoda: che anche la Giustizia possa essersi sbagliata.

Io vi credevo. L’ho fatto davvero.
Ho creduto alle udienze infinite, alle perizie, ai tecnici in camice bianco, alle toghe nere. Ho creduto alle motivazioni della sentenza, alle parole “oltre ogni ragionevole dubbio”, a quella Cassazione che ti dicono essere l’ultimo gradino, il punto in cui ci si ferma e si dice: basta, è così, è andata così.
Io ho difeso quella sentenza.
Poi dopo diciotto anni, qualcosa si è incrinato. Un frammento di DNA, un nome che torna a galla, una perizia che rimette tutto in discussione. Non è ancora la pistola fumante, non è il colpo di scena da film. È “solo” una compatibilità, una traccia difficile, parziale, discussa.
Ma basta questo, oggi, per far tremare tutto.
Perché dietro a quella parola – DNA – non c’è solo la fredda scienza. Ci siamo noi. C’è la famiglia di Chiara Poggi, che da diciotto anni aspetta una verità che non faccia acqua da tutte le parti. E ci siamo noi, spettatori stanchi, che all’improvviso ci ritroviamo a chiederci: e se avessimo sbagliato storia?
Fa male anche solo pensarlo.
Perché non è un gioco cambiare copione dopo quasi vent’anni.
E allora, dentro questo terremoto silenzioso, devo potervelo dire: io vi credevo.
Eppure, in mezzo a tutto questo, una parte di me vuole ancora illudersi che questa volta non sia solo l’ennesima suggestione.
Che questi nuovi accertamenti non servano solo a riaccendere i talk show, ma a fare davvero luce.
Che questa volta non si abbia paura di andare fino in fondo, anche se significa ammettere errori, anche se significa smontare pezzo per pezzo una storia che ci avete raccontato per anni.
Io vi credevo. E non so se riuscirò a farlo ancora allo stesso modo.
Oggi, più che altro, spero.
Spero che ciò che emergerà, qualunque volto, qualunque nome porti con sé, sia finalmente la verità.
Quella intera.
Quella che non ti costringe più a scegliere tra fiducia e dubbio, tra sentenze e coscienza.
Speriamo sia questa, stavolta, la verità.



